A volte basta una frase per trarre ispirazione.
Questo è un PPS, un post prettamente personale.
L’ultimo viaggio è stato caratterizzato da una cosa…ho fatto quello che stracavolo volevo.
Fin dalla sua genesi è stato così, avevo voglia di prendere e partire; senza grossi programmi, se non una traccia sui pirenei, due città portoghesi da visitare e un paio amici da incrociare; senza troppe cose da preparare, se non una moto e qualche lonely planet; senza troppe cose da pensare, se non a me stesso.
E poi è continuato così, se avevo voglia dormivo wild, altrimenti in campeggio…giusto airbnb richiedeva un minimo di programmazione, ma anche lì spesso bastava organizzarmi la mattina per la sera. Non avevo voglia di fermarmi a pranzare? Rimanevo in moto fino a che mi girava; Volevo il piatto tipico (sempre)? Giravo il centro città fino a che non lo trovavo; mi bastava hamburger e coca cola (mai)? Mi schiaffeggiavo la faccia e tornavo in me; Volevo stare più possibile in moto (spesso)? Evitavo autostrade e cercavo la strada più intorcolata; non avevo voglia di stare in moto? Mi fermavo a leggere o passeggiare. ecc ecc…
“L’essenzialità è un modo per liberarsi dalle paure, dalle ansie, dalle nevrosi.
La vita è come scolpire, bisogna togliere” Mauro Corona
Tre anni fa, esattamente questo giorno, scrissi che il viaggio è vita concentrata, viaggio in quanto progetto totalmente voluto e realizzato da te stesso, riflesso di quello che sei e che vuoi; questo perchè nella routine indaffarata delle nostre vite, quello del viaggio è uno dei pochi momenti di cui siamo totalmente padroni.
Sacrosanto. Libertà è una parola complicata, ne esistono varie sfacettature e molti cercato di definirla. Quella che si può assaporare in viaggio probabilmente ha però la sua massima espressione nel viaggio da solo. Non avrei potuto viaggiare come ho fatto se non fossi stato da solo.
Non si tratta realmente di poter fare una cosa di cui hai voglia piuttosto che un’altra, o almeno non solo e non per me. Si tratta di arrivare a sera e ripensare a quante esperienze, vicissitudini e quindi avventure sei riuscito a vivere e legare l’una all’altra solo grazie a quelle decisioni, magari prese in un attimo, o a quei momenti catturati al volo che sono dipesi quasi esclusivamente da te stesso.
Arrivi a sera che sai che in questa lotta che è la vita quello che è successo finalmente sei riuscito a crearlo tu, senza che avessi dovuto realmente farlo, o anche solo senza che ti sentissi in dovere di farlo, perchè il tuo lavoro e lo studio lo richiede, perchè hai firmato un contratto, o sei in parola; senza che tu lo abbia dovuto fare per non ferire una persona che reputi cara o perchè avevi paura che tu, poi, ne uscissi ferito. E nemmeno perchè sarebbe stato un comportamento non giustificabile con la paura di diventare vittima di giudizi, da parti di altri, ma anche da parte di te stesso.
Si tratta, in definitiva, di ascoltarsi. Ed è impossibile conoscersi senza ascoltarsi.
Poco prima della mia partenza sono incappato in un video su Internazionale dove Alain de Botton (scrittore, filosofo e conduttore televisivo) sostiene l’inutilità del viaggio. Con un po’ di ironia e provocazione Alain centra un punto importante. In viaggio, e a maggior ragione in viaggio da soli, si passa molto più tempo con se stessi.
I primi giorni di viaggio ripensai a quel video e mi accorsi proprio che l’attività principale di un viaggio da soli è parlare con se stessi.
“La solitudine può portare a forme straordinarie di libertà” De Andrè
Ti poni domande, fai pensieri, confuti te stesso; pensi a quello che hai scelto di fare, a quello che vorrai fare di lì a poche ore; pensi alle difficoltà, alla bellezza di quello che stai facendo; pensi a qualche persona cara che è a casa, poi ti chiedi se veramente è una persona importante; pensi a dove sei, alla natura, alle differenze culturali, a come vivono alcune persone; a volte pensi “io qui ci vivrei”, magari davanti ad un’ottima zuppa portoghese pagata 1,50€, poi pensi a quanto la cucina italiana è difficile da battere, per esempio davanti a quel (buon) pastrocchio che è la “francesinha“; pensi alle tue debolezze, ai tuoi limiti e fragilità, pensi a quanto sei orgoglioso per quella volta che sei riuscito a vincerle; pensi alle nuove risorse che credevi di non avere e alle conferme che hai trovato lungo la strada.
Ed è vero, potreste accorgervi di essere in compagnia di una persona “indesiderata“, per questo non è da tutti, ma lo dovrebbe essere.
Certo, può capitare di fare degli incontri, e, ammetto, la buona riuscita di questo viaggio è dipeso anche da alcuni belli incontri fatti. Possono essere anche incontri che diventano facilmente profondi, il viaggio e l’essere soli abbatte più velocemente le barriere. Capita quindi di ritrovarsi a parlare di lavoro e amicizie come di kurdi bombardati dai turchi con un ciclo viaggiatore ceco diretto in Marocco.
Gli incontri in viaggio sono però tendenzialmente di passaggio, puoi condividere alcune ore, ma poi la strada chiama e di nuovo ti ritrovi in cammino, da solo. E lì ricominci a parlare con te stesso, a pensare e a farti domande, ricco dell’ultimo incontro fatto.
È così che impari a conoscerti, attività che, credo, non smetti più di fare fino all’ultimo giorno di vita; non smetti mai di conoscerti perchè non smetti mai di cambiare.
“La solitudine non esiste; nel senso che la solitudine non consiste nello stare soli, ma piuttosto nel non sapersi tenere compagnia. Chi non sa tenersi compagnia difficilmente la sa tenere ad altri. Ecco perché si può essere soli in mezzo a mille persone, ecco anche perché ci si può trovare in compagnia di se stessi ed essere felici” De Andrè
Ora ritrovo questa frasi nel mio quadernino di viaggio:
Mi sono sentito meno solo a 2000m circondato da persone che non parlavano la mia lingua, seduto di fianco la mia tenda da uno mangiando cibo straniero offerto…che in alcune sere nella città in cui vivo.
Viaggio da solo per conoscermi meglio, conoscendomi imparo le mie fragilità;
Viaggio da solo per ricordarmi perchè il prossimo viaggio, il prossimo weekend, la prossima serata vorrò passarla non da solo, ma con chi mi è amico.
Dopo aver pubblicato il video dei cinque giorni sui Pirenei in offroad, ieri ho ricevuto un sacco di complimenti e ammissioni di invidia. Prima che io partissi un amico si è complimentato perchè, secondo lui, sapevo dire di no, sapevo rinunciare a quello che rimaneva qua a Padova. Ho dovuto farmi spiegare cosa intendeva e ho risposto che a me veniva facile.
Io non ho fatto granché, c’è chi fa molto di più, chi la propria casa se la porta sulle spalle per mesi, chi cerca di costruirsela lontano da dove è cresciuto, ma evidentemente vedere qualcuno partire da solo smuove quel qualcosa che è lì sotto, sopito da un giorno dopo l’altro di abitudini e ambizioni omologate.
Ho vissuto anch’io molte di queste emozioni quando vivevo da sola. La solitudine ci avvicina alla parte più autentica del nostro essere, forse per questo fa così paura. Siamo così sicuri delle nostre convinzioni e delle proiezioni di noi stessi che non ci accorgiamo che spesso erigiamo cattedrali su fondamenta di sabbia. Stando da sola, come tu dici, ho imparato ad ascoltarmi. Sul capirmi, ci sto ancora lavorando (eheheh se hai suggerimenti, sono tutta orecchie!).
Non credi però che aver sentito l’esigenza di pubblicare le tue riflessioni in realtà lasci trasparire un altro bisogno altrettanto forte: il desiderio di condividere? Nella solitudine pian piano impariamo a stare con noi stessi. Stiamo bene, ci sentiamo più forti, più sicuri, più sereni. Ma ad un certo punto tutto questo non ci basta più. Sentiamo che vogliamo uscire dal nostro stato di grazia per andare a cercare qualcuno con cui condividere la nostra felicità. Già perché, come diceva il saggio, la felicità é vera solo se condivisa. Grazie quindi per averci fatto dono dei tuoi pensieri.
Prego! Verissima la cosa del condividere (Tolstoj) e aggiungo però che non si riesce a stare bene con gli altri se non si sta prima bene con se stessi! 😉